A Mondragone c’è
un’usanza propria solo di questo città. Qualche giorno prima del matrimonio
quasi tutte le coppie di sposi fanno le scrippelle (qualcuno le chiama anche
crespelle).
Si tratta di un
dolce fritto, a cerchi concentrici, con un diametro finale di circa 30 cm . La ricetta la conosce
solo la signora che le fa, ma di sicuro ricordo fin da quando ero piccola che
l’odore della cannella era molto forte.
Anche nella mia
famiglia ovviamente sono state fatte le scrippelle. Per la precisione le
abbiamo fatte nel cortile di nonna.
I cortili di
molte case del mio paese venivano costruiti in funzione di tre attività ben
precise da svolgersi nell’arco dell’anno: lavorazione e imbottigliamento dei
pomodori, uccisione del maiale per fare le salsicce e scrippelle, ovviamente.
Per le
scrippelle ci si doveva svegliare alle quattro del mattino perché alle cinque
arrivava la signora; non saprei definirla in altro modo, l’abbiamo sempre
chiamata “la signora”. Veniva presto perché doveva fare l’impasto che poi
doveva lievitare. Quando abitavo all’ultimo piano del caseggiato di nonna, a
volte spiavo da sopra la terrazza. Da lì ho anche assistito all’uccisione del
maiale per fare le salsicce. Un’esperienza indimenticabile. Sono rimasta
traumatizzata.
La signora delle
scrippelle prepara tutto e verso le sette si comincia a friggere l’impasto
dandogli una forma a spirale. Il rituale previsto è questo. Le zie più vecchie
sono addette a tre procedure fondamentali:
1-
mettere lo zucchero sul dolce;
2-
mettere i confetti nel cerchietto centrale,
rigorosamente 5 confetti;
3-
incartare il dolce.
Le scrippelle
vengono poi messe in delle ceste. Ogni adulto parte con una decina di scrippelle
e un bimbo al seguito per procedere alla consegna. Il dolce si offre sia alle
persone che sono state invitate al matrimonio, sia a quelle che non sono state
invitate ma che, in qualche modo, sono partecipi della gioia degli sposi. Ad
esempio si offre a tutti quelli che abitano nella stessa strada dei
piccioncini.
Il rituale non
si conclude qui. Alla consegna delle scrippella, il ricevente deve, per
tradizione, non per obbligo, dare una mancia al bimbo che la consegna. Anche se
a volte i bimbi sono un po’ cresciutelli.
A casa nostra i
soldi si mettevano tutti in una scatola e poi alla fine si ridistribuiva il
tutto equamente. In genere era mamma che contava i soldi e, armata di un
cucchiaio di legno, evitava che qualcuno sottraesse in anticipo qualcosa dal
fondo cassa. Me ne sono presa di legnate sulle mani io.
Una volta sono
andata con un cugino di mamma a consegnare una scrippella. Avrò avuto più o
meno 5 anni. Arrivati a casa di una signora, sono scesa con il dolce in mano e
sono entrata nel cortile della casa. Era un cortile molto simile a quello di
nonna e la signora era in una delle camere al piano di sopra. Si è affacciata e
mi ha detto di mettere la scrippella in un cesto che aveva calato giù. Io ho eseguito
l’ordine e poi sono rimasta lì ad aspettare. Il cugino di mamma, Tommaso, non
vedendomi tornare ha cominciato a chiamarmi:
- We, ce ne vogliamo andare?
- Eh, ma Tommaso, questa i soldi non me li ha mica dati.
Tommaso voleva
morire. La signora mi aveva sentita e mortificatissima era scesa a darmi il
soldino.
Ovviamente,
siccome la scrippella è un dolce che si fa solo per i matrimoni, quando capita
l’occasione se ne approfitta per mangiarne un bel po’. In genere per il giorno
seguente la colica è assicurata.
A Mondragone
come a Napoli ci sono degli assunti fondamentali per quanto riguarda la
viabilità. Una specie di decalogo di dogmi accettati per fede:
1- le frecce le
usano solo gli indiani, quindi in macchina non c’è nessuna necessità di
utilizzare i suddetti segnalatori. Poi c’è la variante di coloro che guidano
l’ape car, anche noto col nome di tre ruote. Questa variante prevede che si
accenda il segnalatore luminoso di destra e poi si giri tranquillamente a
sinistra.
2- Le strisce
pedonali sono puramente decorative. Servono a dare un po’ di colore all’asfalto
che tutto nero è triste.
3- Questo terzo
punto vale più per Napoli che per Mondragone. I semafori sono luci luminose che
abbelliscono la città nel periodo natalizio. A Napoli c’è un incrocio rinomato
per l’anarchia che regna sovrana. Là dove Via Mezzocannone incrocia Corso
Umberto è un disastro. Attraversare la strada è un’impresa. Ho visto persone
darsi l’estremo saluto prima di tentare l’attraversamento. Un giorno c’erano
addirittura i vigili. Il risultato non era dei migliori. Un signore anziano si
è avvicinato a uno degli ufficiali e ha detto:
§
Voglio complimentarmi con voi. Davvero bravi!
§
Grazie mille. Facciamo solo il nostro dovere. –
rispose tronfio il vigile.
§
No! Complimenti davvero. Quando ci state voi qui
è peggio del solito!
Una volta come
segno di protesta per non ricordo cosa, furono spenti i semafori per circa 24
ore in tutta la città. Non se ne è accorto nessuno.
4- Il casco non
si indossa, altrimenti come si fa con il gel sui capelli? Se mai qualche volta
lo si può anche mettere, ma non lo si allaccia; è così trendy slacciato.
5- sul motorino
si va almeno in tre, altrimenti si sprecano posti.
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