Infine, c’era
zia Assia (diminutivo di Anastasia), o meglio la mia prozia, non che madrina di
battesimo. Era sempre nervosa e soprattutto molto pignola. Se le dovevi fare un
piacere o lo facevi bene o non lo facevi proprio. Per lei la frase “basta il
pensiero” era tanto stupida quanto “l’importante è partecipare”.
Un giorno
abbiamo messo sotto sopra l’intero vicolo perché gridavamo come due pazze. Lei
mi aveva chiesto di prenderle dei pasticcini con la crema “gialla” (sarebbe la
crema pasticciera), io non li ho trovati e così ho preso quelli con la crema
chantilly.
Non l’avessi mai
fatto.
Per i suoi 80
anni le stavamo regalando un bell’infarto. L’avevamo invitata alla pizzeria di
mio zio, per farle una sorpresa. Lei credeva saremmo stati solo io, lei, mamma,
papà e mia sorella…invece ad aspettarla c’erano tutti i suoi nipoti con
famiglia, circa 40 persone.
La ricordo
ancora nitidamente. Si metteva seduta al tavolo della sua sala da pranzo con la
plastica che copriva il tavolo piegata, per non farla poggiare sulle gambe; le
dava fastidio. Su questa plastica metteva un panno bianco di cotone. Poi apriva
le parole crociate e cominciava a scrivere con una penna rossa di quelle
cancellabili. Accanto alla mano destra teneva sempre dei tovaglioli di carta
piegati a quattro e il primo lo usava per pulire la punta della penna. Se glie
ne chiedevi uno ti diceva di no perché aveva impiegato tanto per piegarli e
quindi se ne volevi uno te lo dovevi preparare. A cosa le servivano? A niente,
erano lì per fare da appoggio al primo che era l’unico utilizzato.
Passava le sue
giornate a leggere (leggeva sempre prima l’ultimo capitolo e poi il resto del
libro), a fare parole crociate e guardare la TV.
Zia Assia era
molto diversa da nonna. Aveva studiato in un collegio. Diciamo che erano due
intelligenze diverse una legata all’istruzione e l’altra all’esperienza.
Quando nacque
mia cugina Anastasia, l’annuncio ci fu dato da zia in questi termini:
- è nata Anastasia Capizzi III.
Come se la
nostra famiglia facesse parte di una dinastia reale.
Fedele alleata
di Zia Assia è stata per anni ‘Ngiulina (diminutivo di Angela). ‘Ngiulina non
era della famiglia. Era una specie di Cenerentola. Rimasta orfana di madre
aveva notevoli problemi con la matrigna e così fu letteralmente adottata dalla
mia bisnonna Nannina, la madre di mia nonna. La mia bisnonna la prese in casa
dicendo che aveva bisogno di una mano per dei lavoretti e così ‘Ngiulina è
entrata a far parte della famiglia Capizzi.
Quando eravamo
piccole ha viziato me e mia sorella in una maniera assurda. Una delle cose che,
chiunque l’abbia conosciuta non dimenticherà mai, è la sua seppia fritta. La
faceva a metà mattinata e la metteva in un piatto con sopra un tovagliolo.
Chiunque passava ne prendeva un pezzo di nascosto, il risultato era che non
arrivava mai niente a tavola.
L’ultimo periodo
della sua vita lo ha passato in un letto e quando andavo a trovarla mi parlava
sempre della guerra e di quando era bambina. Mi ha raccontato di come il mio
paese ha vissuto il risveglio il giorno seguente l’8 dicembre 1943. Ma la cosa
più particolare che mi ha insegnato, sono degli indovinelli molto antichi e nel
dialetto del mio paese. Credo di essere l’unica della mia età a conoscerli:
Tengo nu cascione, chino di lardone;
Taglio taglio e nun se venchie mai[1].
Tengo na canestella chiena di fiori bell;
a sera ce li metto e a matina non ce li
trovo[2]
Alla fine del
giro dei saluti ricevevo quasi sempre la mia “mazzetta” o ricompensa che dir si
voglia, vale a dire 10 euro (c’è stato il rincaro dei prezzi anche in questo
caso a causa dell’euro, infatti, prima prendevo 10 mila lire). Ai 10 euro
spesso si affiancavano: polpette, cotolette, parmigiana…tutte cose molto
gradite. Sono tornata talmente spesso a Napoli con le polpette di nonna che la
mia amica, Luana, sono anni che mi chiama “polpetta”. Credo che all’inizio il
soprannome fosse dovuto anche alle dimensioni della mia faccia, ma comunque
sorvoliamo.
BELLISSIMI RICORDI...gli indovinelli sopratutto il secondo è molto dolce.
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