16 mag 2012

Parte 6: Anastasia Capizzi I


Infine, c’era zia Assia (diminutivo di Anastasia), o meglio la mia prozia, non che madrina di battesimo. Era sempre nervosa e soprattutto molto pignola. Se le dovevi fare un piacere o lo facevi bene o non lo facevi proprio. Per lei la frase “basta il pensiero” era tanto stupida quanto “l’importante è partecipare”.
Un giorno abbiamo messo sotto sopra l’intero vicolo perché gridavamo come due pazze. Lei mi aveva chiesto di prenderle dei pasticcini con la crema “gialla” (sarebbe la crema pasticciera), io non li ho trovati e così ho preso quelli con la crema chantilly.
Non l’avessi mai fatto.
Per i suoi 80 anni le stavamo regalando un bell’infarto. L’avevamo invitata alla pizzeria di mio zio, per farle una sorpresa. Lei credeva saremmo stati solo io, lei, mamma, papà e mia sorella…invece ad aspettarla c’erano tutti i suoi nipoti con famiglia, circa 40 persone.
La ricordo ancora nitidamente. Si metteva seduta al tavolo della sua sala da pranzo con la plastica che copriva il tavolo piegata, per non farla poggiare sulle gambe; le dava fastidio. Su questa plastica metteva un panno bianco di cotone. Poi apriva le parole crociate e cominciava a scrivere con una penna rossa di quelle cancellabili. Accanto alla mano destra teneva sempre dei tovaglioli di carta piegati a quattro e il primo lo usava per pulire la punta della penna. Se glie ne chiedevi uno ti diceva di no perché aveva impiegato tanto per piegarli e quindi se ne volevi uno te lo dovevi preparare. A cosa le servivano? A niente, erano lì per fare da appoggio al primo che era l’unico utilizzato.
Passava le sue giornate a leggere (leggeva sempre prima l’ultimo capitolo e poi il resto del libro), a fare parole crociate e guardare la TV.
Zia Assia era molto diversa da nonna. Aveva studiato in un collegio. Diciamo che erano due intelligenze diverse una legata all’istruzione e l’altra all’esperienza.
Quando nacque mia cugina Anastasia, l’annuncio ci fu dato da zia in questi termini:

  • è nata Anastasia Capizzi III.

Come se la nostra famiglia facesse parte di una dinastia reale.
Fedele alleata di Zia Assia è stata per anni ‘Ngiulina (diminutivo di Angela). ‘Ngiulina non era della famiglia. Era una specie di Cenerentola. Rimasta orfana di madre aveva notevoli problemi con la matrigna e così fu letteralmente adottata dalla mia bisnonna Nannina, la madre di mia nonna. La mia bisnonna la prese in casa dicendo che aveva bisogno di una mano per dei lavoretti e così ‘Ngiulina è entrata a far parte della famiglia Capizzi.
Quando eravamo piccole ha viziato me e mia sorella in una maniera assurda. Una delle cose che, chiunque l’abbia conosciuta non dimenticherà mai, è la sua seppia fritta. La faceva a metà mattinata e la metteva in un piatto con sopra un tovagliolo. Chiunque passava ne prendeva un pezzo di nascosto, il risultato era che non arrivava mai niente a tavola.
L’ultimo periodo della sua vita lo ha passato in un letto e quando andavo a trovarla mi parlava sempre della guerra e di quando era bambina. Mi ha raccontato di come il mio paese ha vissuto il risveglio il giorno seguente l’8 dicembre 1943. Ma la cosa più particolare che mi ha insegnato, sono degli indovinelli molto antichi e nel dialetto del mio paese. Credo di essere l’unica della mia età a conoscerli:

Tengo nu cascione, chino di lardone;
Taglio taglio e nun se venchie mai[1].

Tengo na canestella chiena di fiori bell;
a sera ce li metto e a matina non ce li trovo[2]

Alla fine del giro dei saluti ricevevo quasi sempre la mia “mazzetta” o ricompensa che dir si voglia, vale a dire 10 euro (c’è stato il rincaro dei prezzi anche in questo caso a causa dell’euro, infatti, prima prendevo 10 mila lire). Ai 10 euro spesso si affiancavano: polpette, cotolette, parmigiana…tutte cose molto gradite. Sono tornata talmente spesso a Napoli con le polpette di nonna che la mia amica, Luana, sono anni che mi chiama “polpetta”. Credo che all’inizio il soprannome fosse dovuto anche alle dimensioni della mia faccia, ma comunque sorvoliamo.


[1] Ho una cassa, piena di lardo; ne taglio, ne taglio e non si riempie mai. La soluzione è il cimitero.
[2] Ho una piccola cesta, piena di bei fiori; la sera ce li metto e la mattina non ce li trovo. La soluzione è le stelle.

1 commento:

  1. BELLISSIMI RICORDI...gli indovinelli sopratutto il secondo è molto dolce.

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