DA VIA BARACCA 4 A VIA BARACCA 14
Tutto comincia
da un portone collocato in via Baracca, al civico numero….non me lo ricordo mai!
Da quando hanno cambiato la toponomastica non si capisce più niente nella mia
città. Quando ero piccola il numero civico era il 4, ora è il 14. In realtà ora ci sono
tutti e due i numeri. Sopra è rimasto il vecchio 4 e sotto il nuovo 14. La
città in cui si svolgono gli avvenimenti è Mondragone, in provincia di Caserta,
non che antica Sinuessa.
In questa
stradina dedicata al famoso aviatore Francesco Baracca, si erge un portone in
legno alto quasi 4 metri ;
uno di quelli alla vecchia maniera che sembrano gli ingressi di una grande casa
padronale. Quando ero piccola aprire e chiudere quel grosso portone mi sembrava
un’impresa titanica. Per bloccare il ferro di chiusura a terra dovevo salirci
sopra con tutti i miei venti chili. Col tempo ho cominciato a fare
un’associazione mentale strana. Quel titanico ingresso mi sembrava la porta del
tempio di Giano a Roma. La differenza era nel fatto, che il mio portone era
chiuso in pieno inverno e non nei periodi di pace, ma in estate era
completamente aperto.
All’esterno affaccia
su un tipico vicolo. Com’è fatto un tipico vicolo ti chiederai tu? In primis è stretto, molto stretto; ci
passa a stento una macchina. Ma non una macchina grande, una di quelle piccole.
Poi è chiuso da palazzi medio alti che non permettono alla luce del sole di
toccare il terreno in nessuna stagione e in nessuna ora del giorno. Infine
tutti quelli che lo abitano si conoscono e si amano e odiano allo stesso tempo.
Questo succede anche perché molte persone, soprattutto quelle anziane, passano soprattutto
il periodo estivo sedute fuori, in strada, così la differenza tra privato e
pubblico diviene inesistente.
Verso l’interno
il portone affaccia su un cortile in parte pavimentato e in parte in “vasoli come
li chiamiamo noi. Si tratta di grosse pietre di basalto fatte apposta per
minare alla salute delle caviglie. In pratica basta mettere male il piede e la
storta è garantita. Napoli, la mia città adottiva, è piena di “vasoli”. Prova
ad immagina come finiscono i vari tentativi delle ragazze di sembrare più
femminili e mettere i tacchi. Un dramma. Una tragedia greca.
Non ho mai
capito perché si specifica “greca”; come se le tragedie moderne non fossero
abbastanza tragiche. Comunque….
Una parte del
cortile è coperta, l’altra è aperta. In questa seconda parte la cognata di mia
nonna, Zia Sisina (diminutivo di Rosita), ha messo tante di quelle piante che
ormai sembra di essere nel bosco di Capodimonte. Oltretutto lei e mia nonna,
ultime superstiti del caseggiato, si sono dedicate all’allevamento dei
piccioni. Bagnano il pane stantio e lo mettono in una ciotola che lasciano a
disposizione dei suddetti piccioni. Qualche giorno fa ho visto uno dei loro
animaletti da cortile; più che un volatile sembrava un porcellino d’india. Il
poverino aveva serie difficoltà a volare, poco ci è mancato che per salire
sulla terrazza decidesse di passare dalle scale.[to be continue]
Sai scrivere in modo stupendo, o per lo meno a me piace tantissimo, cerco spesso il tuo blog per poter leggere il nuovo.
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