5 lug 2012

chiese, capuzzelle e anime del purgatorio!

Di recente mi sono data alla scoperta della mi amata città di Napoli, che come ogni buon cittadino ho sempre dato un pò per scontato. Questa settimana però mi sono dedicata per lo più al sottosuolo e agli scheletri. Beh detto così può sembrare un pò lugubre e in effetti lo è. Sono stata prima a visitare la chiesa di Santa Maria delle Anime del Purgatorio, dove ho scoperto che il culto dei morti a Napoli si è spinto fino all'adozione delle capuzzelle, vale a dire dei teschi dei defunti ignoti. Tutta la chiesa è caratterizzata da elementi che rinviano alla morte, anche nella decorazione: ci sono teschi di metallo e pietre, tibie incrociate e un enorme bassorilievo rappresentante la morte dietro l'altare. Una specie di enorme memento mori. Come si faceva ad adottare una capuzzella e quali erano i vantaggi? Nel '600 non esistendo le onlus tipo Amref e Unicef si provvedeva in questo modo: quando la capuzzella vi veniva in sogno per chiedervi aiuto, vi facevate spiegare per bene dove si trovava esattamente e così dal giorno successivo potevate adottarla e prendervene cura. I vantaggi? Beh la capuzzella ci guadagnava una bella rinfrescata (il cosiddetto refrigerio delle anime purganti) e chi procedeva con l'adozione guadagnava un buono per una grazia.
La mia seconda tappa è stata alle catacombe di San Gaudioso, decisamente molto più inquietanti di quelle di San Gennaro per almeno due motivi: prima di tutto la guida provvede a farvi visitare gli scolatoi e a spiegare nel dettaglio questa pratica tipicamente spagnola. In sostanza i morti, prima di essere sepolti, venivano messi legati su una specie di sedia scavata nel tufo, sotto la quale era disposto un cantaro. In questo vaso piano piano sarebbero scolati tutti il liquidi del defunto che nell'arco di circa 2 o 3 anni (data la notevole umidità) si seccava. Se il povero cristo si seccava troppo lentamente interveniva lo schiattamorto che provvedeva a punzecchiare il cadavere per velocizzare la procedura. Il povero schiattamorto (o becchino) si era guadagnato questo nome non solo per questa particolare pratica di foratura ma anche e soprattutto perchè per posizionare i corpi irrigiditi nelle nicchie spesso gli si doveva spezzare le ossa, e quindi schiattarlo. Dalla pratica della scolatura è nato anche il famoso detto napoletano "puozza sculà!" cioè che tu possa crepare e quindi essere messo a scolare.
Lungo le pareti della piccola catacomba sono allineati tanti affreschi rappresentanti degli scheletri (con la gonna se si tratta di signore - e non scherzo!) e al posto della testa un bel teschio incastrato nel muro.
Questo macabro tour si è concluso al cimitero delle Fontanelle dove ci sono intere gallerie di testi e ossa accumulati in perfetto ordine. Questa specie di fossa comune enorme è nata nel '600 quando il numero dei morti a Napoli fu veramente allucinante a causa di pestilenze, eruzioni e quant'altro.
Vale la pena fare questo giro, tanto come dicono qui a Napoli, bisogna avere paura dei vivi e non dei morti!