Dato che è stupenda e divertentissima la condivido sul mio blog.... buon divertimento!
Sara Prossomariti nacque a in
un anno imprecisato della fine del XX secolo da Babbo Geppetto, valente
falegname specializzato nell’arte presepiale e già noto per una precedente
genitura adulterina di nome Pinocchio, e da Ipazia D’Alessandria, attricetta di
avanspettacolo molto apprezzata per i suoi “numeri”, che l’avevano resa famosa
in tutto il mediterraneo meridionale suscitando la gelosia di molti suoi
conterranei meno dotati. Dal felice incrocio genetico venne fuori una bambina
di aspetto molto piacevole, che univa un’innata propensione per la matematica
ad una vivacità eclettica e speculativa orientata alle varie branche dello
scibile umano. Unico, lieve difetto della bimba era l’assenza della testa, in
quanto il longilineo e armonioso corpo era limitato superiormente dal solo
collo. La cosa impensieriva non poco i suoi genitori, imbarazzati nelle loro
frequentazioni quotidiane nel presentare una bimba che, pur dotata di capacità
e qualità ben superiori alle sue coetanee, era priva dell’attributo terminale
del corpo che altri consideravano particolarmente indispensabile. Fu Geppetto
che, dopo giorni e giorni di ponderate riflessioni, trovò la soluzione al
problema annunciando trionfante alla moglie: “si ‘na cosa adda durà ‘e lignammo
le ha fa!”. Si mise quindi alla ricerca di un materiale di qualità che gli
consentisse di ricavare un manufatto che si integrasse armonicamente col corpo
della fanciulla e, dopo innumerevoli tentativi, riuscì a trovare un solido
pezzo di legno di cedro del libano che, sebbene rivelasse una certa vetustà,
gli consentiva di produrre la testa desiderata. Il poveretto, tuttavia ignorava
che l’acquisto perfezionato al mercato delle pulci del Cairo proveniva
dall’albero maestro di un’imbarcazione fenicia miracolosamente trovata integra
da un gruppo di tombaroli egiziani. Per questo motivo l’inserimento della testa
nel collo della fanciulla produsse una particolare, quanto sorprendente, congiunzione
di interessi, in quanto alla naturale predisposizione per le scienze
matematiche la bimba associò un’incontenibile inclinazione per la storia
antica. Inizialmente tali doti rimasero allo stato di attitudine talentuosa
senza mostrare tutta la loro enorme potenzialità, in quanto la piccola Sara
cresceva percorrendo i normali percorsi evolutivi dei suoi coetanei, pur dando
ogni tanto segni di evidente ecletticità, che alcuni ritenevano stravaganti.
Talvolta, anzi, la sua vulcanica e incontenibile estrosità la portava ad
assumere comportamenti di disarmante originalità, al punto da indurla a considerare
particolarmente divertente trascorrere intere giornate al cimitero
trastullandosi tra tombe e lampade votive. In qualche circostanza veniva
addirittura assalita da un senso di gioiosa onnipotenza, al punto di fermarsi
presso i loculi più appariscenti gridando fino allo spasimo “Lazzaro,vieni
fuori”. Tuttavia, constatato che tutti i suoi tentativi venivano frustrati e,
soprattutto, che non era in grado di camminare sulle acque dei lidi di
Mondragone, il suo estro in materia si inaridì
e cominciò a dedicarsi ad imprese a più basso contenuto paranormale,
peraltro sempre condite di eccessi di vivacità e di “rompiscatolità” (licenza
poetica). La bambina cresceva sana ed esuberante e, parallelamente, cresceva in
lei il bisogno di contatti sempre più energici e vigorosi con i suoi coetanei,
al punto di sfociare in interminabili litigi. Anzi, la sua predisposizione al
litigio, procurandole un piacere sottile e perverso, la condusse a polemizzare
e questionare con tutti al punto che, una sera, al ritorno di una festa, in
piena esaltazione analcolica, riuscì a litigare con se stessa per oltre tre ore
cu chi aveva la precedenza di entrare in casa. I genitori, preoccupati per
l’indomita effervescenza della piccola, che mal si adattava ad un regime
regolato da norme condivise, pensarono di incanalare la sua esuberanza
facendole acquisire, nel contempo, quelle nozioni che le consentissero di
esprimere appieno le sue notevoli qualità, e la iscrissero alla scuola
elementare. Qui la piccola Sara ebbe modo di dimostrare subito la sua
versatilità riuscendo a ripetere solo due anni la prima, tre la terza e cinque
la quinta, ottenendo a ventuno anni la licenza elementare col massimo dei voti.
Il ventunesimo fu un anno di svolta nella vita di Sara poiché, resasi conto che
la sua inclinazione al litigio rendeva insopportabile l’esistenza a chi
l’avvicinava, decise di mitigare le asperità del suo carattere dedicandosi ad
uno studio “matto e disperato”. La decisione ebbe un benefico effetto su Sara
(anche se non modificò di una virgola la sua vena polemica) che, grazie ai
consigli del Prof. Cepu (e tantissimi pollastri donati dai famigliari) riuscì
in soli sei mesi a conseguire la maturità scientifica, la laurea triennale e
due lauree magistrali in Storia e Archeologia. Da qui prese il volo la fortuna
di Sara, e qui avvenne l’evento che segnò indelebilmente la sua vita:
l’incontro con Agostino Castellano. Costui era un giovane di bell’aspetto e di
positive speranze che, fin da piccolo aveva mostrato particolare
predisposizione per l’architettura, costruendo milioni di castelli di sabbia
sul litorale della natia Maiori e della contigua Minori. Tuttavia,
l’infanzia, l’adolescenza e la prima
gioventù di Agostino erano state funestate da una sorte perversa che si era
accanita su di lui con eccessiva malevolenza: infatti dall’età di cinque anni
il Nostro aveva manifestato sintomi di “tifo milanista pernicioso degenerante”,
una malattia dallo sviluppo lento ma inesorabile che poteva portare alla tomba
per la mancanza di medicine adatte a frenarne il decorso. Invano i genitori di
Agostino si erano rivolti ai più famosi luminari dell’arte medica e a ben poco
erano serviti i rimedi che via, via venivano consigliati. Finchè, in un fausto
giorno, un consulto tra Rita Levi Montalcini e Arrigo Sacchi riuscì a mettere a
punto una terapia in grado di fermare e debellare il deleterio morbo. La cura,
seppure non ortodossa nei termini della medicina ufficiale, consisteva
nell’incanalare i malefici effetti della malattia in un percorso che li portava
a scontrarsi con l’energia debilitante della litigiosità e della polemica, in
modo che ,soccombendo ad essi, non potessero più avere efficacia sulla salute
di Agostino. La cura, ovviamente, non poteva che essere a tempo indefinito per
cui Agostino, per una corretta profilassi, doveva conformarsi alle
caratteristiche vessatorie e
“rompicoglionistiche” (altra licenza poetica) dell’elemento con cui il connubio
risultasse armonico. E l’incontro con Sara fu illuminante. Erano le persone
che, inconsapevolmente, si cercavano da una vita. Da quel giorno le loro
esistenze assunsero un andamento esaltante e gioioso: Sara aveva trovato su chi
sfogare la propria esuberanza polemica e litigiosa, Agostino riacquistava ogni
giorno vigore e una salute soddisfacente. E la storia continua…. E continuerà almeno
fino alle nozze di diamante.
Vittorio Palma
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