26 giu 2012

Biografia non autorizzata di Sara Prossomariti

Un mio caro amico, leggendo delle mie dis/avventure sul mio blog ha deciso di scrivere una biografia (particolarmente romanzata) non autorizzata della mia vita.
Dato che è stupenda e divertentissima la condivido sul mio blog.... buon divertimento!


Sara Prossomariti nacque a in un anno imprecisato della fine del XX secolo da Babbo Geppetto, valente falegname specializzato nell’arte presepiale e già noto per una precedente genitura adulterina di nome Pinocchio, e da Ipazia D’Alessandria, attricetta di avanspettacolo molto apprezzata per i suoi “numeri”, che l’avevano resa famosa in tutto il mediterraneo meridionale  suscitando la gelosia di molti suoi conterranei meno dotati. Dal felice incrocio genetico venne fuori una bambina di aspetto molto piacevole, che univa un’innata propensione per la matematica ad una vivacità eclettica e speculativa orientata alle varie branche dello scibile umano. Unico, lieve difetto della bimba era l’assenza della testa, in quanto il longilineo e armonioso corpo era limitato superiormente dal solo collo. La cosa impensieriva non poco i suoi genitori, imbarazzati nelle loro frequentazioni quotidiane nel presentare una bimba che, pur dotata di capacità e qualità ben superiori alle sue coetanee, era priva dell’attributo terminale del corpo che altri consideravano particolarmente indispensabile. Fu Geppetto che, dopo giorni e giorni di ponderate riflessioni, trovò la soluzione al problema annunciando trionfante alla moglie: “si ‘na cosa adda durà ‘e lignammo le ha fa!”. Si mise quindi alla ricerca di un materiale di qualità che gli consentisse di ricavare un manufatto che si integrasse armonicamente col corpo della fanciulla e, dopo innumerevoli tentativi, riuscì a trovare un solido pezzo di legno di cedro del libano che, sebbene rivelasse una certa vetustà, gli consentiva di produrre la testa desiderata. Il poveretto, tuttavia ignorava che l’acquisto perfezionato al mercato delle pulci del Cairo proveniva dall’albero maestro di un’imbarcazione fenicia miracolosamente trovata integra da un gruppo di tombaroli egiziani. Per questo motivo l’inserimento della testa nel collo della fanciulla produsse una particolare, quanto sorprendente, congiunzione di interessi, in quanto alla naturale predisposizione per le scienze matematiche la bimba associò un’incontenibile inclinazione per la storia antica. Inizialmente tali doti rimasero allo stato di attitudine talentuosa senza mostrare tutta la loro enorme potenzialità, in quanto la piccola Sara cresceva percorrendo i normali percorsi evolutivi dei suoi coetanei, pur dando ogni tanto segni di evidente ecletticità, che alcuni ritenevano stravaganti. Talvolta, anzi, la sua vulcanica e incontenibile estrosità la portava ad assumere comportamenti di disarmante originalità, al punto da indurla a considerare particolarmente divertente trascorrere intere giornate al cimitero trastullandosi tra tombe e lampade votive. In qualche circostanza veniva addirittura assalita da un senso di gioiosa onnipotenza, al punto di fermarsi presso i loculi più appariscenti gridando fino allo spasimo “Lazzaro,vieni fuori”. Tuttavia, constatato che tutti i suoi tentativi venivano frustrati e, soprattutto, che non era in grado di camminare sulle acque dei lidi di Mondragone, il suo estro in materia si inaridì  e cominciò a dedicarsi ad imprese a più basso contenuto paranormale, peraltro sempre condite di eccessi di vivacità e di “rompiscatolità” (licenza poetica). La bambina cresceva sana ed esuberante e, parallelamente, cresceva in lei il bisogno di contatti sempre più energici e vigorosi con i suoi coetanei, al punto di sfociare in interminabili litigi. Anzi, la sua predisposizione al litigio, procurandole un piacere sottile e perverso, la condusse a polemizzare e questionare con tutti al punto che, una sera, al ritorno di una festa, in piena esaltazione analcolica, riuscì a litigare con se stessa per oltre tre ore cu chi aveva la precedenza di entrare in casa. I genitori, preoccupati per l’indomita effervescenza della piccola, che mal si adattava ad un regime regolato da norme condivise, pensarono di incanalare la sua esuberanza facendole acquisire, nel contempo, quelle nozioni che le consentissero di esprimere appieno le sue notevoli qualità, e la iscrissero alla scuola elementare. Qui la piccola Sara ebbe modo di dimostrare subito la sua versatilità riuscendo a ripetere solo due anni la prima, tre la terza e cinque la quinta, ottenendo a ventuno anni la licenza elementare col massimo dei voti. Il ventunesimo fu un anno di svolta nella vita di Sara poiché, resasi conto che la sua inclinazione al litigio rendeva insopportabile l’esistenza a chi l’avvicinava, decise di mitigare le asperità del suo carattere dedicandosi ad uno studio “matto e disperato”. La decisione ebbe un benefico effetto su Sara (anche se non modificò di una virgola la sua vena polemica) che, grazie ai consigli del Prof. Cepu (e tantissimi pollastri donati dai famigliari) riuscì in soli sei mesi a conseguire la maturità scientifica, la laurea triennale e due lauree magistrali in Storia e Archeologia. Da qui prese il volo la fortuna di Sara, e qui avvenne l’evento che segnò indelebilmente la sua vita: l’incontro con Agostino Castellano. Costui era un giovane di bell’aspetto e di positive speranze che, fin da piccolo aveva mostrato particolare predisposizione per l’architettura, costruendo milioni di castelli di sabbia sul litorale della natia Maiori e della contigua Minori. Tuttavia, l’infanzia,  l’adolescenza e la prima gioventù di Agostino erano state funestate da una sorte perversa che si era accanita su di lui con eccessiva malevolenza: infatti dall’età di cinque anni il Nostro aveva manifestato sintomi di “tifo milanista pernicioso degenerante”, una malattia dallo sviluppo lento ma inesorabile che poteva portare alla tomba per la mancanza di medicine adatte a frenarne il decorso. Invano i genitori di Agostino si erano rivolti ai più famosi luminari dell’arte medica e a ben poco erano serviti i rimedi che via, via venivano consigliati. Finchè, in un fausto giorno, un consulto tra Rita Levi Montalcini e Arrigo Sacchi riuscì a mettere a punto una terapia in grado di fermare e debellare il deleterio morbo. La cura, seppure non ortodossa nei termini della medicina ufficiale, consisteva nell’incanalare i malefici effetti della malattia in un percorso che li portava a scontrarsi con l’energia debilitante della litigiosità e della polemica, in modo che ,soccombendo ad essi, non potessero più avere efficacia sulla salute di Agostino. La cura, ovviamente, non poteva che essere a tempo indefinito per cui Agostino, per una corretta profilassi, doveva conformarsi alle caratteristiche  vessatorie e “rompicoglionistiche” (altra licenza poetica) dell’elemento con cui il connubio risultasse armonico. E l’incontro con Sara fu illuminante. Erano le persone che, inconsapevolmente, si cercavano da una vita. Da quel giorno le loro esistenze assunsero un andamento esaltante e gioioso: Sara aveva trovato su chi sfogare la propria esuberanza polemica e litigiosa, Agostino riacquistava ogni giorno vigore e una salute soddisfacente. E la storia continua…. E continuerà almeno fino alle nozze di diamante. 

Vittorio Palma

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