Agostino ha
anche salvato uno degli impiegati della segreteria della facoltà di Lettere
dalla mia furia omicida. Avevo appena firmato la camicia del mio ultimo esame
prima della laurea, quando mi accorgo che la professoressa aveva fatto un
errore. Così sono andata in segreteria a effettuare una correzione con uno dei
responsabili.
Si trattava di
una formalità…ma si è trasformato in un dramma.
§
Salve, avrei un problema!
§
E io che devo fare? – mi risponde garbatamente l’impiegato.
§
Un momento se mi fate parlare. La prof. ha fatto
un errore nel registrare questo esame. Dobbiamo fare una correzione. Una cosa
da niente.
§
Vediamo.
Dopo aver
guardato per un po’ la camicia, mi comunica:
§
signorina questo esame non è nel suo piano di
studi. Non è valido!
Agostino, che
era con me si è accorto subito che stavo cominciando a innervosirmi.
§
come non è valido. È il mio ultimo esame tra
venticinque giorni mi devo laureare.
§
E io che devo fare.
§
Ma ci deve essere un errore. L’esame era
segnalato nel piano di studi pubblicato sulla guida dello studente.
§
Ah si ma quelli della guida scrivono quello che
vogliono.
La pressione
ormai mi era arrivata alle stelle. Fuori pioveva e così noi avevamo l’ombrello.
O meglio “io” avevo l’ombrello in mano. Mentre parlavo con l’impiegato ho cominciato
ad agitarlo. Agostino se ne è accorto e ha tentato di togliermelo prima che lo
usassi come arma impropria. Alla fine il problema è stato risolto. L’idiota con
cui avevo parlato non aveva registrato una circolare inviatagli due anni prima
e così a lui non risultava quell’esame nel piano di studi da me scelto.
Il secondo
viaggio con il mio fidanzato ha avuto come meta la mia tanto amata Grecia, in
modo particolare l’isola di Creta. Siamo stati tre giorni ad Atene. L’ho
portato in pellegrinaggio per i luoghi del mio Erasmus. Era come se volessi
condividere con lui una parte fantastica della mia vita.
Siamo andati in
giro per la capitale greca in fiamme. In realtà la situazione era abbastanza
tragica in quel periodo. L’Italia e la Grecia erano devastate da una serie di incendi di
notevoli proporzioni. Tutti erano preoccupati. Noi, eravamo in pensiero per i
miei che erano sulla Salerno-Reggio Calabria ed erano stati deviati per via
delle fiamme. I miei, erano preoccupati per noi due, perché le notizie dalla
Grecia non erano rassicuranti. In tutto questo preoccuparci ci siamo
dimenticati dei genitori di Agostino. Considerati fuori pericolo, in realtà
sono stati gli unici ad essere evacuati con la casa a rischio di incendio.
Quando eravamo a
Creta ci hanno dato una notizia nefasta. Forse l’aeroporto di Atene sarebbe
rimasto chiuso per qualche giorno a causa dell’incendio.
E ora come
torniamo a casa?
Chiamo mia madre
e le chiedo di cercare su internet il numero del consolato italiano. Mia madre,
che era anche lei in vacanza, ha girato il messaggio a mia sorella che era
rimasta a casa. La poverina, allarmata, senza chiedere spiegazioni ha subito
cercato tutte le informazioni per poi comunicarle via sms in questi termini:
“Consolato
generale d’Italia ad Atene, Leoforos Elefterios Venizelos (Thiseios) 135-137
Kallithea tel. 0030 210 9531523… mamma ma che è successo? Hanno arrestato
Sara?”
Che
considerazione che ha di me la mia famiglia.
A Mátala,
sull’isola di Creta, in un ristorantino sulla spiaggia abbiamo conosciuto un
signore (il proprietario del locale). Lui è venuto a prendere l’ordinazione.
Ebbene credimi se ti dico che era Zorba in persona. Ho ordinato in greco, ma
poi ho detto una cosa al mio ragazzo e così Zorba
ha capito che ero italiana e ha cominciato a gridare:
- Oh Italida. Italida. Paola?
- no
- Maria?
- No
- Laura?
- No
- ok Laura.
È così che sono
stata ribattezzata con il nome di Laura per il resto della giornata.
Zorba ci ha chiesto di attendere la
cameriera che sarebbe venuta prontamente con le portate.
Dopo pochi
minuti ci siamo trovati davanti una signora minuscola. Sembrava una Polly
Pocket. Ma la cosa più assurda era che aveva almeno ottanta anni. Mi è venuta
la voglia di dirle… “prego si sieda faccio io”.
La trattoria era
a conduzione familiare, vale a dire che Zorba
alla veneranda età di settant’anni era il piccolino di casa. Infatti la
cameriera era sua madre e il fratello maggiore era il cuoco.
Abbiamo mangiato
benissimo e siccome i greci sono molto ospitali soprattutto con chi prova o sa
parlare la loro lingua, a fine pranzo ci siamo ritrovati con tanti pezzi di frutta
su un piattone, il tutto offerto dalla casa.
Siamo tornati al
nostro albergo ad Aghios Nikolaos con la nostra macchinina in affitto presa
presso un concessionario che con tanta fantasia si chiamava “Zorba’s rent a
car”.
Dopo una
giornata in un acqua park di cui non dimenticherò mai il nome (si chiamava
Watercity e si trovava ad Anopolis) al mio ragazzo è venuto qualche decimo di
febbre. Credo avesse preso un’insolazione. Siccome aveva già avuto un po’ di “problemini”
nei giorni precedenti, ho deciso di scrivere un resoconto dettagliato a mia
madre, via sms:
“Allora
ricapitoliamo, Ago ha ancora la “palla” nel braccio (trattasi di un piccolo
bozzo nel braccio di natura sconosciuta) e l’eritema solare sul gomito, ma ha
anche battuto la testa sotto un cartello stradale e si è preso la febbre. Che
faccio?”.
Conoscendo mia
madre avrei dovuto aspettarmi quella la risposta. Un messaggio laconico diceva
semplicemente “Buttalo…”.
Io e il mio
fidanzato viaggiamo molto ma soprattutto viaggiamo organizzati. Ogni volta che
partiamo stilo un programma dettagliatissimo delle cose da fare. Una specie di
tour de force. Siamo stati a Parigi, ovviamente ad Atene e a Berlino
recentemente. In viaggio sembriamo Totò e Peppino a Milano, ne combiniamo di
tutti i colori.
A Berlino in giro
per un quartiere periferico ci siamo imbattuti in alcune signore che parlavano
con una cadenza strana. C’è bisogno di spiegare una cosa però, altrimenti non
ci capiamo. A Napoli si usa chiamare “vaiasse” quelle donne che hanno la
tendenza a fare scenate per strada, a gridare, in pratica ad essere molto
rumorose e plateali. Data la cadenza con la quale parlavano queste donne il mio
ragazzo mi ha detto:
§
vedi ci sono le vaiasse anche a Berlin!
Giusto il tempo di fare qualche passo per
renderci conto che le vaiasse erano di importazione in quanto, una delle due ha
urlato all’altra:
§
va buò t’aspetto cà[1].
L’handicap
maggiore che abbiamo avuto nella capitale tedesca è stata la lingua,
precisamente l’inglese. Non pensare subito male, non ero io che non lo sapevo
parlare (anche se lo parlo come Totò parla il francese) ma erano loro. Un
giorno eravamo al ristorante del Ka De We dove, aperta e chiusa parentesi,
abbiamo pagato 10 euro un piatto di pasta...va beh, tu dirai “chi te lo ha
fatto fare di andare a prendere un piatto di pasta in Germania e nel locale più
costoso della città”, comunque lasciamo stare. Una cameriera si è avvicinata ad
uno dei banconi del self service e ci ha detto qualcosa in tedesco, ma noi
figurati se abbiamo capito qualcosa. Abbiamo detto alla signora:
§
we don’t speack German.
Lei ha ripetuto
la frase in tedesco; a quel punto il mio ragazzo si è incazzato e ha detto:
§
we! Non è che se me la ripeti imparo il tedesco
e ti capisco così all’improvviso.
Oltre ai viaggi
ho anche una passione per la musica classica. Una sera ho portato il mio
ragazzo a vedere la Traviata
al San Carlo. Bellissima, ma all’ultimo atto non vedevamo l’ora che la
protagonista morisse. Dopo lo spettacolo stavamo morendo di fame e l’unico posto
aperto era il nostro ristorante cinese. Dico nostro perché ormai è talmente
tanto di quel tempo che andiamo lì che quando arriviamo la cameriera non ci fa
neanche più ordinare….prendiamo sempre le stesse cose. Quella sera stavano
chiudendo quando siamo arrivati. Ci è venuto il serio sospetto che qualcuno
potesse sputare nel nostro piatto dato che li avevamo fatti rimanere lì un’ora
in più. Io quando ho lavorato nella pizzeria di mio zio ci avrei pensato
seriamente.
Il mio ragazzo è
quasi perfetto, purtroppo ha un neo bruttissimo, tifa per il Milan. A Napoli è
come avere la peste, l’unica cosa peggiore di questa è tifare Juve. Da quando
sto con lui ho cominciato a vedere partite di calcio e programmi sportivi. Mi
sono anche fatta convincere ad andare allo stadio San Paolo a vedere la partita
Napoli-Milan….tra i tifosi napoletani. Un’ansia! All’ingresso i poliziotti mi
hanno perquisito la borsa e mi hanno fatto buttare due bottigline d’acqua dicendo
che avrei potuto lanciarle e usarle quindi come “arma impropria”. Arrivati
dentro però assistiamo alla seguente scena; un ragazzo si mette le mani nelle
mutande e comincia a cercare. La mia faccia era uno spettacolo. Non riuscivo a
capire cosa stesse facendo. Stava “solo” prendendo un fumogeno che aveva
nascosto nel posto che riteneva più
sicuro.
Dopo questa
esperienza e l’impossibilità di Agostino ad esultare in quelle condizioni,
abbiamo deciso di andare a vedere qualche partita a Milano.
Ci lamentiamo
continuamente dei difetti l’uno dell’altra, ma alla fine non riusciamo a vivere
senza quelle cose così irritanti e così siamo ancora felicemente insieme. Ma
soprattutto stiamo organizzando un altro viaggio….
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RispondiEliminaBuongiorno.
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Persona non seri astenersi
Grazie.