25 giu 2012

Parte 23: Totò e Peppino in giro per il mondo!


Agostino ha anche salvato uno degli impiegati della segreteria della facoltà di Lettere dalla mia furia omicida. Avevo appena firmato la camicia del mio ultimo esame prima della laurea, quando mi accorgo che la professoressa aveva fatto un errore. Così sono andata in segreteria a effettuare una correzione con uno dei responsabili.
Si trattava di una formalità…ma si è trasformato in un dramma.
§  Salve, avrei un problema!
§  E io che devo fare? – mi risponde garbatamente l’impiegato.
§  Un momento se mi fate parlare. La prof. ha fatto un errore nel registrare questo esame. Dobbiamo fare una correzione. Una cosa da niente.
§  Vediamo.
Dopo aver guardato per un po’ la camicia, mi comunica:
§  signorina questo esame non è nel suo piano di studi. Non è valido!
Agostino, che era con me si è accorto subito che stavo cominciando a innervosirmi.
§  come non è valido. È il mio ultimo esame tra venticinque giorni mi devo laureare.
§  E io che devo fare.
§  Ma ci deve essere un errore. L’esame era segnalato nel piano di studi pubblicato sulla guida dello studente.
§  Ah si ma quelli della guida scrivono quello che vogliono.
La pressione ormai mi era arrivata alle stelle. Fuori pioveva e così noi avevamo l’ombrello. O meglio “io” avevo l’ombrello in mano. Mentre parlavo con l’impiegato ho cominciato ad agitarlo. Agostino se ne è accorto e ha tentato di togliermelo prima che lo usassi come arma impropria. Alla fine il problema è stato risolto. L’idiota con cui avevo parlato non aveva registrato una circolare inviatagli due anni prima e così a lui non risultava quell’esame nel piano di studi da me scelto.
Il secondo viaggio con il mio fidanzato ha avuto come meta la mia tanto amata Grecia, in modo particolare l’isola di Creta. Siamo stati tre giorni ad Atene. L’ho portato in pellegrinaggio per i luoghi del mio Erasmus. Era come se volessi condividere con lui una parte fantastica della mia vita.
Siamo andati in giro per la capitale greca in fiamme. In realtà la situazione era abbastanza tragica in quel periodo. L’Italia e la Grecia erano devastate da una serie di incendi di notevoli proporzioni. Tutti erano preoccupati. Noi, eravamo in pensiero per i miei che erano sulla Salerno-Reggio Calabria ed erano stati deviati per via delle fiamme. I miei, erano preoccupati per noi due, perché le notizie dalla Grecia non erano rassicuranti. In tutto questo preoccuparci ci siamo dimenticati dei genitori di Agostino. Considerati fuori pericolo, in realtà sono stati gli unici ad essere evacuati con la casa a rischio di incendio.
Quando eravamo a Creta ci hanno dato una notizia nefasta. Forse l’aeroporto di Atene sarebbe rimasto chiuso per qualche giorno a causa dell’incendio.
E ora come torniamo a casa?
Chiamo mia madre e le chiedo di cercare su internet il numero del consolato italiano. Mia madre, che era anche lei in vacanza, ha girato il messaggio a mia sorella che era rimasta a casa. La poverina, allarmata, senza chiedere spiegazioni ha subito cercato tutte le informazioni per poi comunicarle via sms in questi termini:
“Consolato generale d’Italia ad Atene, Leoforos Elefterios Venizelos (Thiseios) 135-137 Kallithea tel. 0030 210 9531523… mamma ma che è successo? Hanno arrestato Sara?”
Che considerazione che ha di me la mia famiglia.
A Mátala, sull’isola di Creta, in un ristorantino sulla spiaggia abbiamo conosciuto un signore (il proprietario del locale). Lui è venuto a prendere l’ordinazione. Ebbene credimi se ti dico che era Zorba in persona. Ho ordinato in greco, ma poi ho detto una cosa al mio ragazzo e così Zorba ha capito che ero italiana e ha cominciato a gridare:
  • Oh Italida. Italida. Paola?
  • no
  • Maria?
  • No
  • Laura?
  • No
  • ok Laura.
È così che sono stata ribattezzata con il nome di Laura per il resto della giornata.
Zorba ci ha chiesto di attendere la cameriera che sarebbe venuta prontamente con le portate.
Dopo pochi minuti ci siamo trovati davanti una signora minuscola. Sembrava una Polly Pocket. Ma la cosa più assurda era che aveva almeno ottanta anni. Mi è venuta la voglia di dirle… “prego si sieda faccio io”.
La trattoria era a conduzione familiare, vale a dire che Zorba alla veneranda età di settant’anni era il piccolino di casa. Infatti la cameriera era sua madre e il fratello maggiore era il cuoco.
Abbiamo mangiato benissimo e siccome i greci sono molto ospitali soprattutto con chi prova o sa parlare la loro lingua, a fine pranzo ci siamo ritrovati con tanti pezzi di frutta su un piattone, il tutto offerto dalla casa.
Siamo tornati al nostro albergo ad Aghios Nikolaos con la nostra macchinina in affitto presa presso un concessionario che con tanta fantasia si chiamava “Zorba’s rent a car”.
Dopo una giornata in un acqua park di cui non dimenticherò mai il nome (si chiamava Watercity e si trovava ad Anopolis) al mio ragazzo è venuto qualche decimo di febbre. Credo avesse preso un’insolazione. Siccome aveva già avuto un po’ di “problemini” nei giorni precedenti, ho deciso di scrivere un resoconto dettagliato a mia madre, via sms:
“Allora ricapitoliamo, Ago ha ancora la “palla” nel braccio (trattasi di un piccolo bozzo nel braccio di natura sconosciuta) e l’eritema solare sul gomito, ma ha anche battuto la testa sotto un cartello stradale e si è preso la febbre. Che faccio?”.
Conoscendo mia madre avrei dovuto aspettarmi quella la risposta. Un messaggio laconico diceva semplicemente “Buttalo…”.
Io e il mio fidanzato viaggiamo molto ma soprattutto viaggiamo organizzati. Ogni volta che partiamo stilo un programma dettagliatissimo delle cose da fare. Una specie di tour de force. Siamo stati a Parigi, ovviamente ad Atene e a Berlino recentemente. In viaggio sembriamo Totò e Peppino a Milano, ne combiniamo di tutti i colori.
A Berlino in giro per un quartiere periferico ci siamo imbattuti in alcune signore che parlavano con una cadenza strana. C’è bisogno di spiegare una cosa però, altrimenti non ci capiamo. A Napoli si usa chiamare “vaiasse” quelle donne che hanno la tendenza a fare scenate per strada, a gridare, in pratica ad essere molto rumorose e plateali. Data la cadenza con la quale parlavano queste donne il mio ragazzo mi ha detto:
§  vedi ci sono le vaiasse anche a Berlin!
 Giusto il tempo di fare qualche passo per renderci conto che le vaiasse erano di importazione in quanto, una delle due ha urlato all’altra:
§  va buò t’aspetto cà[1].
L’handicap maggiore che abbiamo avuto nella capitale tedesca è stata la lingua, precisamente l’inglese. Non pensare subito male, non ero io che non lo sapevo parlare (anche se lo parlo come Totò parla il francese) ma erano loro. Un giorno eravamo al ristorante del Ka De We dove, aperta e chiusa parentesi, abbiamo pagato 10 euro un piatto di pasta...va beh, tu dirai “chi te lo ha fatto fare di andare a prendere un piatto di pasta in Germania e nel locale più costoso della città”, comunque lasciamo stare. Una cameriera si è avvicinata ad uno dei banconi del self service e ci ha detto qualcosa in tedesco, ma noi figurati se abbiamo capito qualcosa. Abbiamo detto alla signora:
§  we don’t speack German.
Lei ha ripetuto la frase in tedesco; a quel punto il mio ragazzo si è incazzato e ha detto:
§  we! Non è che se me la ripeti imparo il tedesco e ti capisco così all’improvviso.
Oltre ai viaggi ho anche una passione per la musica classica. Una sera ho portato il mio ragazzo a vedere la Traviata al San Carlo. Bellissima, ma all’ultimo atto non vedevamo l’ora che la protagonista morisse. Dopo lo spettacolo stavamo morendo di fame e l’unico posto aperto era il nostro ristorante cinese. Dico nostro perché ormai è talmente tanto di quel tempo che andiamo lì che quando arriviamo la cameriera non ci fa neanche più ordinare….prendiamo sempre le stesse cose. Quella sera stavano chiudendo quando siamo arrivati. Ci è venuto il serio sospetto che qualcuno potesse sputare nel nostro piatto dato che li avevamo fatti rimanere lì un’ora in più. Io quando ho lavorato nella pizzeria di mio zio ci avrei pensato seriamente.
Il mio ragazzo è quasi perfetto, purtroppo ha un neo bruttissimo, tifa per il Milan. A Napoli è come avere la peste, l’unica cosa peggiore di questa è tifare Juve. Da quando sto con lui ho cominciato a vedere partite di calcio e programmi sportivi. Mi sono anche fatta convincere ad andare allo stadio San Paolo a vedere la partita Napoli-Milan….tra i tifosi napoletani. Un’ansia! All’ingresso i poliziotti mi hanno perquisito la borsa e mi hanno fatto buttare due bottigline d’acqua dicendo che avrei potuto lanciarle e usarle quindi come “arma impropria”. Arrivati dentro però assistiamo alla seguente scena; un ragazzo si mette le mani nelle mutande e comincia a cercare. La mia faccia era uno spettacolo. Non riuscivo a capire cosa stesse facendo. Stava “solo” prendendo un fumogeno che aveva nascosto nel posto  che riteneva più sicuro.
Dopo questa esperienza e l’impossibilità di Agostino ad esultare in quelle condizioni, abbiamo deciso di andare a vedere qualche partita a Milano.
Ci lamentiamo continuamente dei difetti l’uno dell’altra, ma alla fine non riusciamo a vivere senza quelle cose così irritanti e così siamo ancora felicemente insieme. Ma soprattutto stiamo organizzando un altro viaggio….


[1] Trad. Va bene ti aspetto qui.

1 commento:

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    Buongiorno.

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    Persona non seri astenersi

    Grazie.

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