6 giu 2012

Parte 17: Alessio e Alessia!


Uno dei miei amici più fedeli si chiama Alessio. È il fratello di un’amica di mia sorella ed è cinque anni più piccolo di me. Per sua fortuna o disgrazia, non saprei dire, è molto più maturo della sua età e poi ha un pregio che per me è fondamentale…ha una pazienza infinita.
Una sera, quasi dieci anni fa, eravamo andati a cena a casa sua con i miei genitori e lui era contentissimo perché era riuscito a vedere le stelle con il suo telescopio. Mi ha chiesto se volevo andare con lui sul terrazzo per provare a vedere la luna.
A questo punto bisogna fare una premessa. A Mondragone esiste una fabbrica dismessa: l’Itac. Si tratta di un palazzone altissimo per cui sulla sommità c’è un segnalatore luminoso per gli elicotteri e gli aerei.
Quando siamo saliti sul terrazzo Alessio mi ha spiegato come dovevo fare per vedere le stelle. Poi mi ha anche detto che si poteva notare l’effetto Doppler, le stelle infatti erano tendenti al rosso secondo lui. Alessio punta il telescopio e comincia a guardare. Trovata una stella mi dice:
  • guarda tu ora, si vede proprio che alcune sono rosse.
Comincio a osservare il cielo. La luna si vedeva benissimo. Tonda e perlacea in tutto il suo splendore. Decido poi di spostare il telescopio per vedere anche qualche stella e così:
  • Alessio, hai proprio ragione! – grido io entusiasta. – quella stella è proprio rossa. Guarda sembra vicinissima e poi è proprio rossa rossa. Non ne avevo mai vista una così.
  • Ci credo – fa lui - quella è la luce dell’Itac.
Mamma mia che figuraccia. Alessio ha continuato a ridere per tutta la serata. Ho impiegato quasi mezz’ora per convincerlo a non divulgare la notizia.
Da quando ha cominciato ad andare all’università non ci vediamo spesso, ma a volte ce ne andiamo a prendere un gelato insieme per fare il resoconto degli avvenimenti. Per la verità parlo sempre di più io. In genere quando dobbiamo decidere di uscire avviene uno scambio di messaggi molto simile al seguente:
“Cosa stai facendo?” – mi scrive Alessio
“Niente!”
“Sei a Napoli?”
“si”
“Hai da fare?”
“Alessio ma non fai prima se mi scrivi direttamente…vogliamo uscire? Si risparmia”
Un giorno siamo andati in gelateria e poi, siccome ero con la mia macchina e lui era a piedi, mi ha chiesto di accompagnarlo a casa di amici. Li ha telefonati per avere conferma che fossero a casa. Ha detto loro che era con me e che stava arrivando.
  • ma perché i tuoi amici mi conoscono? – domando io alquanto stupita della mia fama.
  • Certo, ti hanno visto a Chi vuol essere milionario.
  • Ah. Sono famosa allora. Serve qualche autografo?
  • Si. E poi lo sanno che ho un’amica più vecchia!
  • Alessio, oggi mi sento magnanima, la prossima volta che dici una cosa del genere, ti faccio scendere a bordo strada e ti abbandono.
Credo sia stato l’unico amico con il quale non ho mai discusso. Si è vero discutere fa bene a volte, ma è molto meglio stare tranquilli. Molto probabilmente questo stato delle cose è merito suo ma allo stesso tempo questo dimostra che se non vengo stuzzicata sono una persona adorabile.
Ho notato una cosa che caratterizza molte delle persone con le quali ho a che fare e che non mi permette di legare facilmente con loro. Più o meno i due quarti dell’umanità è costituita da geni incompresi. Si sentono tutti dei martiri che non riescono a esprimere a pieno ciò che sentono e quindi si sentono incompresi dal mondo che li ignora. Ma le persone che preferisco sono quelle che avviano una discussione, come se volessero sinceramente ricevere una tua opinione in merito ad un argomento, poi però, se per caso osi affermare che non la pensi come loro, scatta la frase di rito:
  • eh va beh tu dici così perché non hai capito quello che volevo dire!
  • No veramente ho capito e pure bene, solo che non la penso come te.
  • No, no. Tu sicuro non hai capito.
Né ma se pensi che sono così scemo perché mi chiedi un’opinione?
Un’altra povera martire che mi sopporta da ben venticinque anni è Alessia. Si può dire che ci conosciamo da quando siamo nate. Il nostro primo incontro è avvenuto quando lei aveva una settimana e io appena tre mesi. Tra alti e bassi siamo andate avanti per tutti questi anni e ci siamo anche regalate una settimana di quelle che si vedono solo nei film. Stile Dillo con parole mie. Guarda caso la nostra vacanza l’abbiamo fatta proprio nell’isola greca in cui è stato ambientato quel film: Ios.
Siamo partite armate di guida turistica e sacco a pelo da Caserta. Il treno ci ha portate fino a Brindisi e lì abbiamo preso la nave per Patrasso. A Brindisi, appena arrivate, Alessia mi ha abbandonata al check - in con il suo bagaglio che pesava un quintale. Meno male che non siamo partite con l’aereo altrimenti ci facevano pagare il supplemento. Io ne ho approfittato per chiedere aiuto a un bel giovanotto. Tra una chiacchiera e l’altra è salito con noi sulla nave e ho passato tutta la notte a parlare con lui mentre Alessia mi rimproverava perché ho la brutta abitudine di parlare con tutti. La prima notte di vacanza di Alessia è stata molto più esilarante. Un bellissimo svizzero moro e alto si è interessato a lei che, diciamola tutta, è altrettanto bella. Piccolo problema. Bisognava parlare inglese. Alessia era in grado di parlare inglese, ma non bene come lo svizzero; nonostante ciò ci ha provato. Lui è stato gentilissimo, le ha anche prestato la sua giacca perché sul ponte della nave, dove eravamo accampati in cento persone circa, faceva abbastanza freddo. Intanto io ero in giro per la nave con il moretto incontrato al check-in, Francesco, quando ecco comparire lo svizzero. Il poverino era in cerca della mia biondissima amica. A quel punto ci siamo preoccupati da morire. Abbiamo cominciato a cercarla per tutta la nave. Alla fine l’ha trovata Francesco. Alessia aveva detto allo svizzero che andava a prendere una cosa nella borsa, che era poggiata vicino ad una panca…e non è più tornata. Si era stesa sulla panca e si era addormentata con addosso la giacca del povero e sconsolato corteggiatore.
Francesco è sceso al porto di Igoumenitsa. Intanto però ci eravamo scambiati il numero di telefono, molto poco convinti che ci fosse un prosieguo.
I primi tre giorni li abbiamo passati ad Atene dove c’erano ancora Fabrizio e Laura due ragazzi che avevano fatto l’erasmus con me ad Atene fino a pochi mesi prima (ma questa è un’altra storia). Ci siamo divertiti molto ma faceva troppo caldo in città.
Il terzo giorno alle 11 siamo partite dal Pireo dirette verso le Cicladi, con precisione verso Ios. Sull’aliscafo abbiamo letto alcune informazioni sull’isola: Ios, isola delle cicladi frequentata nel periodo estivo per lo più da giovani del nord Europa. Luogo di cultura, ricordato soprattutto per la presenza della tomba di Omero. In pratica ci preparavamo ad una vacanza di relax e cultura.
Appena arrivate, mentre stavamo sbarcando, ci siamo ritrovate davanti uno striscione che alcuni italiani sull’isola avevano scritto per dei loro amici che stavano arrivando. A differenza del film Mediterraneo in cui i protagonisti si trovano di fronte un muro sul quale campeggiava la scritta La Grecia è la tomba degli italiani noi ci siamo ritrovate a leggere Benvenuti nell’isola del sesso.
A questo punto Alessia, abbastanza perplessa, ha fatto una domanda del tutto lecita:
  • Ma dove cavolo mi hai portata?
  • Alessia, io ho letto quello che hai letto tu sulla guida, non ho la più pallida idea di cosa stia succedendo.
Nel frattempo ci aveva telefonate Laura per dirci che aveva deciso di raggiungerci per un paio di giorni prima di andare dal fidanzato a Paros.
Appena arrivate scopriamo che sull’isola c’è un amico di Alessia, Armando, con il fratello e altri tre ragazzi. Armando è venuto a prenderci con il suo motorino per accompagnarci al rent a car e affittarne uno tutto per noi. Giuro che in Italia non ho mai preso una multa. Quando la vado a prendere? In Grecia. Eravamo in tre sul motorino, dovevamo fare solo un chilometro. La cosa comica è che la multa non ce l’ha fatta la polizia greca, ma quello del rent a car. Ben 83 euro.
Affittato il motorino finalmente siamo andate nel camping dove eravamo alloggiate. Una volta parcheggiato il mezzo…e che mezzo, siamo entrate. All’ingresso c’era una piscina dove tutte le sere ci si riuniva per l’happy hour. La cosa particolare era che l’happy hour lì si faceva in costume da bagno e a suon di musica house. Lì abbiamo trovato anche Laura che ci aveva raggiunte. Una volta entrate vedo Alessia e Laura correre verso l’uscita. Purtroppo io non ho avuto gli stessi riflessi pronti, così mi sono ritrovata abbracciata da quattro energumeni di Roma. Mi hanno presa e si sono buttati nella piscina con me al centro. Io avevo ancora la maglia, la gonna e le scarpe. Quando mi hanno vista in quelle condizioni Alessia e Laura si sono avvicinate a bordo piscina per aiutarmi ad uscire. Mentre mi tiravano su:
  • Mamma mia che paura. Appena li abbiamo visti siamo scappate – ha affermato Alessia sollevata.
  • La prossima volta geni, avvisate anche me! – risposi io che ancora colavo acqua da ogni parte.
Siccome avevamo già posato i bagagli siamo andate ad asciugarci sulla spiaggia. Volevamo fare le tipe alla moda e ci siamo messe sui lettini con tanto di cappello e occhiali da sole. Alessia era anche andata a prendere qualcosa da bere. In pratica sembravamo tre vip, se non fosse stato per il fatto che c’era un vento micidiale. Tutte le pietruzze, che rendevano quella spiaggia così caratteristica, cominciarono ad arrivarci addosso ad una velocità assurda. Dopo neanche dieci minuti che ci eravamo sistemate siamo dovute scappare via. Per nostra fortuna il vento ci ha abbandonato nei giorni seguenti.
Dormivamo in una tenda doppia con la base in alluminio e la copertura in tela. Il camping era caratterizzato da una serie di terrazzamenti con tende già posizionate ed aree libere per chi veniva con la propria attrezzatura. La luce elettrica non c’era e il bagno era nel terrazzamento inferiore rispetto a quello nostro. Oltretutto era vietato fare più di una doccia al giorno perché l’acqua scarseggiava.
Comunque. Tornando alla tenda, dopo essere state per ben dieci minuti in spiaggia, Alessia scopre che sull’isola c’era anche sua cugina. Avevamo fatto più di mille chilometri per ritrovarci circondate di italiani e soprattutto di persone che conoscevamo.
Salendo verso la tenda mi era sembrato di vedere un ragazzo con il quale avevo fatto una campagna di scavo due anni prima e con il quale ero rimasta in contatto:
  • Alessia, mi è sembrato di vedere una persona che conosco.
  • Ma no! Forse Tra Armando, mia cugina e tutto il resto ti sei fatta prendere dalla fantasia.
  • No Alessia, mi è sembrata proprio una persona conosciuta. È un ragazzo con cui ho lavorato a Tuscania, si chiama Alessandro è di Pavia.
  • Ma sei sicura?
  • No!
  • Perché non lo telefoni e gli chiedi dov’è?
Detto fatto.
  • Ciao Alessandro!
  • Ciao, come stai?
  • Bene! Senti Alessandro non posso stare molto a telefono perché non sono in Italia, sono in Grecia…
  • Grande! Anche io sono in Grecia.
Appunto! Pensai tra me e me.
  • Alessandro fai una cosa scendi alla piscina del camping dove sei.
  • E tu come lo sai che sono in un camping?
  • Lo so perché sono anche io qui. Scendi!
La vacanza si faceva sempre più incasinata.
La sera io, Alessia e Laura siamo andate a mangiare in un ristorantino vicino al porto. Lì ho mangiato la frittura di pesce migliore di tutta la mia vita. Dopo aver cenato, abbiamo avuto la balorda idea di fare un gioco. Siccome io e Laura parlavamo greco, il proprietario del ristorante si era entusiasmato e ci aveva offerto dell’ouzo. Si tratta di un liquore locale all’anice che può essere bevuto liscio o diluito con l’acqua. Premetto che la gradazione alcolica è molto molto alta e che io sono quasi astemia. Io e Laura abbiamo brindato con l’ouzo liscio in un bicchierino e abbiamo bevuto tutto d’un sorso gridando “opa” per poi abbiamo rigirare il bicchiere sul tavolo a testa in giù.
Non l’avessimo mai fatto.
Il cameriere ci ha portato altri tre bicchieri ciascuno. Insomma, per quando siamo uscite di lì eravamo ubriache fradice.
Abbiamo dormito un paio d’ore e poi siamo andate a ballare verso l’una.
Sull’isola c’erano circa dieci ragazzi per ogni ragazza. Il paradiso delle donne in pratica. Siamo entrate in un locale e io ho avuto la malsana idea di dire che mi sarebbe tanto piaciuto andare a ballare su un cubo. Il cubo non c’era e così due ragazzi, per fare colpo, all’improvviso ci hanno sollevate sulle delle mensole che erano nel locale e poi sono saliti su con noi.
Alla fine della serata abbiamo pensato bene, da vere incoscienti, di farci dare un passaggio con il motorino da due ragazzi che non conoscevamo, dato che Laura non aveva il suo.
Il giorno seguente la situazione è precipitata all’improvviso. Laura ha avuto una reazione allergica micidiale e così si è dovuta spostare in un alberghetto e Alessia si è ritrovata con un buco sotto il piede, gentile dono dei suoi sandali nuovi. Il risultato è stato che ha dovuto passare tutto il resto della vacanza in spiaggia con uno splendido calzino a righe.
I giorni seguenti hanno avuto un ritmo abbastanza costante. Sveglia alle dieci circa, colazione, mare, happy hour, cena e poi discoteca. Nel frattempo Alessia è riuscita a trovare l’unico ragazzo dell’isola che aveva intenzioni serie, quasi voleva sposarla, io invece mi sono messa a trafficare con il suo amico Armando. In pratica avevo fatto più di mille chilometri per uscire con un ragazzo che abita a cinque chilometri da casa mia. E va beh la vita è strana.
Una delle persone che ha movimentato di più la nostra vacanza è stato il fratello di Armando, Walter. Era sempre attivissimo e molto indaffarato. Una sera preso dall’atmosfera e anche dall’alcol a dirla tutta, ha fatto una serenata ad una ragazza greca. Romanticissimo, se non fosse che glie l’ha fatta in greco antico.
Siamo anche andati a visitare la tomba di Omero con i nostri motorini. La strada era lunga ben otto chilometri, di cui solo due asfaltati. Puoi immaginare in che condizione sono arrivati i nostri fondoschiena.
La tomba di Omero, il noto cantore dell’Iliade e dell’Odissea, altro non è che una lapide. In realtà esistono ben tre isole che si contendono le sue ossa, ma in ognuna di queste isole non troverete altro che una lapide commemorativa.
Giunti sulla sommità della collina sulla quale era la lapide ci mettiamo a osservare lo splendido panorama. A un tratto mi accorgo che qualcuno aveva scritto qualcosa con delle pietre. La scritta era enorme e leggibile solo da dove eravamo noi. La parola, dedicata ad Omero, noto in inglese come Homer era…DOH!
Ci ho messo un bel po’ io per capirla, ma tutti gli altri ridevano a crepapelle.
Dopo sette giorni di vita dissoluta siamo rientrate in patria distrutte. Avremmo avuto bisogno di un’altra settimana per riprenderci.

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