20 giu 2012

Parte 22: Quel povero disgraziato di Agostino parte 2 - il nostro primo anniversario


Insieme abbiamo viaggiato molto. Per il nostro primo anniversario, molto romanticamente e prevedibilmente, siamo andati a Parigi.
Abbiamo deciso di partire in treno, o come mi ricorda sempre Agostino, “ho deciso” di partire in treno. Era economico e mi sembrava particolare. In effetti è stato così. Il nostro arrivo nella capitale dell’amore è stato fantastico. Erano le sette di mattina, c’era una nebbia molto fitta ed un freddo pungente, ma a noi è sembrato il panorama più bello mai visto prima. Ci siamo messi, cappello e cappotto e siamo andati all’albergo.
Avevamo tanta paura, era la prima vacanza insieme, non sapevamo che tipo di viaggiatore era il nostro compagno e c’era il rischio di litigare o comunque di non pensarla allo stesso modo. Abbiamo invece scoperto con piacere che a tutti e due piaceva macinare chilometri e chilometri e vedere ogni piccolo angolo di quella stupenda città. Anche qui, come al solito non ci siamo smentiti e ce ne sono successe di tutti i colori nel bene e nel male.
Dopo due giorni nella capitale, quando eravamo già stati a Versaille e al Museo D’Orsey e quindi avevamo accumulato quasi trecento fotografie, siamo andati al Pantheon. Qui una guida spiegava ai turisti come il Pantheon di Roma somigliasse a quello di Parigi. Il mio istinto patriottico e, soprattutto l’archeologo che è in me, mi ha portato da quella gentile signora,  per dirle che il grande Agrippa aveva costruito il Pantheon a Roma quando ancora Parigi non esisteva neanche sulla cartina geografica.
Il Pantheon rimarrà sempre impresso nella mente di Agostino. Era proprio il giorno del nostro anniversario quando ci siamo andati e subito dopo essere entrati ci siamo accorti che ci avevano rubato la macchina fotografica.
Il prossimo che parla male dei napoletani e li definisce “mariuoli”[1] si becca una bella legnata in testa. A quanto pare la gentaglia non popola solo la capitale partenopea. Del resto non mi meraviglio dato che in queste grandi metropoli vivono persone molto diverse tra loro…nel bene e nel male.
Al problema fotografie inizialmente abbiamo ovviato con una modernissima macchina fotografica usa e getta. Ricordo ancora quando eravamo davanti al museo medievale volevo farmi fare una foto da Agostino. Lui è andato dall’altra parte della strada e io mi sono messa in posa. Dopo due o tre minuti gli ho chiesto come mai non scattava:
  • Amò ma che stai facendo, perché non scatti?
  • sto cercando lo zoom, non lo trovo.
  • Ago ma quale cazzo di zoom vuoi che ci sia su una macchina usa e getta?
Avevamo assolutamente bisogno di una macchina fotografica più moderna, Agostino con tutti quei pulsanti di plastica, niente flash e niente zoom stava per dare i numeri. Così siamo andati alla Fnac e ne abbiamo presa una con tanti pulsanti, proprio come piacciono a lui.
Al Louvre poi non ne parliamo. Quel museo è enorme, una cosa inimmaginabile. Dopo cinque ore avevamo visto tutte le collezioni al pian terreno e mancavano ancora due piani. Il risultato è stato che la sezione fiamminga all’ultimo piano è stata notevolmente bistrattata. Vedere la Gioconda poi è stata un’esperienza surreale. Chissà perché ci immaginavamo un quadro bello grande, invece ci siamo ritrovati davanti un quadretto. Era posizionato in solitaria su un’enorme parete bianca che dava l’impressione che fosse ancora più piccolo. Sembrava che desse il benvenuto solo a noi italiani, con un sorriso speciale per noi. Mi sono sentita molto fiera all’idea che il logo del Louvre fosse un’italiana.
Davanti alla Gioconda noi siamo rimasti in silenzio a guardarla, come se avessimo ritrovato una vecchia amica. Ad un tratto però è arrivata una scolaresca italiana. Era l’inverno del 2006, il che significa che eravamo da qualche mese campioni del mondo di calcio e che avevamo vinto la finale proprio contro gli amati cugini francesi.
Questo gruppo di ragazzi tutto disordinato, giunto davanti alla Gioconda si è improvvisamente ordinato. Una fila di persone una accanto all’altra. Tutti li hanno guardati incuriositi e nella sala del museo così piena di turisti è calato un silenzio strano. Attirata l’attenzione i ragazzi si sono poi messi la mano sul cuore e hanno cominciato a cantare l’Inno di Mameli.
Sono stati unici.
Le guardie della sala sembravano abbastanza contrariate. Ne andava dell’onore della nazione sia a livello culturale che, ancor più drammaticamente, a livello calcistico.
Io ero voluta andare a Parigi anche perché ho una passione innata per un artista italiano emigrato ai primi del novecento a Parigi. Si tratta di Amedeo Modigliani, noto ai più anche come Modì. Modigliani è morto a Parigi ed è stato sepolto insieme alla sua compagna nel cimitero di Pére Lachaise. Così siamo letteralmente andati in pellegrinaggio al cimitero per vedere la sua tomba, salvo scoprire che lì c’era anche la tomba di un altro grande uomo…mister Oscar Fingal O’Flahertie Wills Wilde, o semplicemente Oscar Wilde.
La tomba di Modigliani mostrava quanto al momento della morte fosse povero. È una lapide semplice al contrario del famoso dandy al quale è stata tributata una scultura che rappresenta una donna in volo. Sotto, tutte le donne che sono passate di lì hanno impresso con il rossetto il segno delle loro labbra.
Il ritorno in treno è stato abbastanza stancante. Aveva piovuto e così siamo arrivati alla stazione tutti e due bagnati fradici. Durante la notte Agostino non si è sentito bene. Tanto per cambiare. Dovevamo fare due soste. Una alla dogana svizzera e un’altra a quella italiana. Nei bagni è chiaramente scritto che non si possono usare le toilette quando il treno è fermo. Alla dogana italiana siamo arrivati verso le tre di notte e le pratiche da espletare richiedevano un po’ di tempo. Noi dormivamo quando ho avuto impellente bisogno del bagno. Nel dormiveglia non mi sono resa conto che il treno era fermo e così sono andata. All’improvviso una bussata violenta alla porta mi sveglia completamente:
§  C’è qualcuno in bagno? – sento gridare dall’esterno.
§  Si, è occupato!
§  Ma come occupato! Esca subito!
§  Si si un momento.
Quando esco mi ritrovo davanti un poliziotto della dogana inferocito che, a causa delle mie risposte idiote, aveva un colorito rossastro in viso abbastanza preoccupante.
§  Signorina non si può andare in bagno mentre il treno è fermo!
Sembrava che la vena sulla fronte stesse per esplodergli.
§  Mi scusi non mi ero accorta che il treno era fermo. Sono mortificata. Se vuole le prendo i documenti.
§  C’è anche scritto che non si può andare in bagno mentre il treno è fermo!
§  Si lo so ma, come vi ho già detto, non mi ero accorta che il treno era fermo. Stavo dormendo in piedi.
§  Ma non sa leggere?
A quel punto mi sono innervosita.
§  Mi scusi ma ormai la pipì l’ho fatta non è che posso riprendermela indietro.
Intanto Agostino si era accorto che non ero nel mio lettino e sentendo le urla del poliziotto ha capito subito cosa stava succedendo ed è venuto a salvare…il poliziotto!


[1] Ladri.

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