Insieme abbiamo
viaggiato molto. Per il nostro primo anniversario, molto romanticamente e
prevedibilmente, siamo andati a Parigi.
Abbiamo deciso
di partire in treno, o come mi ricorda sempre Agostino, “ho deciso” di partire
in treno. Era economico e mi sembrava particolare. In effetti è stato così. Il
nostro arrivo nella capitale dell’amore è stato fantastico. Erano le sette di
mattina, c’era una nebbia molto fitta ed un freddo pungente, ma a noi è
sembrato il panorama più bello mai visto prima. Ci siamo messi, cappello e
cappotto e siamo andati all’albergo.
Avevamo tanta
paura, era la prima vacanza insieme, non sapevamo che tipo di viaggiatore era
il nostro compagno e c’era il rischio di litigare o comunque di non pensarla
allo stesso modo. Abbiamo invece scoperto con piacere che a tutti e due piaceva
macinare chilometri e chilometri e vedere ogni piccolo angolo di quella
stupenda città. Anche qui, come al solito non ci siamo smentiti e ce ne sono
successe di tutti i colori nel bene e nel male.
Dopo due giorni
nella capitale, quando eravamo già stati a Versaille e al Museo D’Orsey e
quindi avevamo accumulato quasi trecento fotografie, siamo andati al Pantheon.
Qui una guida spiegava ai turisti come il Pantheon di Roma somigliasse a quello
di Parigi. Il mio istinto patriottico e, soprattutto l’archeologo che è in me,
mi ha portato da quella gentile signora, per dirle che il grande Agrippa aveva
costruito il Pantheon a Roma quando ancora Parigi non esisteva neanche sulla
cartina geografica.
Il Pantheon
rimarrà sempre impresso nella mente di Agostino. Era proprio il giorno del
nostro anniversario quando ci siamo andati e subito dopo essere entrati ci siamo
accorti che ci avevano rubato la macchina fotografica.
Il prossimo che
parla male dei napoletani e li definisce “mariuoli”[1] si
becca una bella legnata in testa. A quanto pare la gentaglia non popola solo la
capitale partenopea. Del resto non mi meraviglio dato che in queste grandi
metropoli vivono persone molto diverse tra loro…nel bene e nel male.
Al problema
fotografie inizialmente abbiamo ovviato con una modernissima macchina fotografica usa e getta. Ricordo ancora
quando eravamo davanti al museo medievale volevo farmi fare una foto da
Agostino. Lui è andato dall’altra parte della strada e io mi sono messa in
posa. Dopo due o tre minuti gli ho chiesto come mai non scattava:
- Amò ma che stai facendo, perché non scatti?
- sto cercando lo zoom, non lo trovo.
- Ago ma quale cazzo di zoom vuoi che ci sia su una macchina usa e getta?
Avevamo
assolutamente bisogno di una macchina fotografica più moderna, Agostino con
tutti quei pulsanti di plastica, niente flash e niente zoom stava per dare i
numeri. Così siamo andati alla Fnac e ne abbiamo presa una con tanti pulsanti,
proprio come piacciono a lui.
Al Louvre poi
non ne parliamo. Quel museo è enorme, una cosa inimmaginabile. Dopo cinque ore
avevamo visto tutte le collezioni al pian terreno e mancavano ancora due piani.
Il risultato è stato che la sezione fiamminga all’ultimo piano è stata
notevolmente bistrattata. Vedere la
Gioconda poi è stata un’esperienza surreale. Chissà perché ci
immaginavamo un quadro bello grande, invece ci siamo ritrovati davanti un
quadretto. Era posizionato in solitaria su un’enorme parete bianca che dava
l’impressione che fosse ancora più piccolo. Sembrava che desse il benvenuto
solo a noi italiani, con un sorriso speciale per noi. Mi sono sentita molto
fiera all’idea che il logo del Louvre fosse un’italiana.
Davanti alla
Gioconda noi siamo rimasti in silenzio a guardarla, come se avessimo ritrovato
una vecchia amica. Ad un tratto però è arrivata una scolaresca italiana. Era
l’inverno del 2006, il che significa che eravamo da qualche mese campioni del
mondo di calcio e che avevamo vinto la finale proprio contro gli amati cugini francesi.
Questo gruppo di
ragazzi tutto disordinato, giunto davanti alla Gioconda si è improvvisamente
ordinato. Una fila di persone una accanto all’altra. Tutti li hanno guardati
incuriositi e nella sala del museo così piena di turisti è calato un silenzio
strano. Attirata l’attenzione i ragazzi si sono poi messi la mano sul cuore e
hanno cominciato a cantare l’Inno di Mameli.
Sono stati
unici.
Le guardie della
sala sembravano abbastanza contrariate. Ne andava dell’onore della nazione sia
a livello culturale che, ancor più drammaticamente, a livello calcistico.
Io ero voluta
andare a Parigi anche perché ho una passione innata per un artista italiano
emigrato ai primi del novecento a Parigi. Si tratta di Amedeo Modigliani, noto
ai più anche come Modì. Modigliani è morto a Parigi ed è stato sepolto insieme
alla sua compagna nel cimitero di Pére Lachaise. Così siamo letteralmente
andati in pellegrinaggio al cimitero per vedere la sua tomba, salvo scoprire
che lì c’era anche la tomba di un altro grande uomo…mister Oscar Fingal
O’Flahertie Wills Wilde, o semplicemente Oscar Wilde.
La tomba di
Modigliani mostrava quanto al momento della morte fosse povero. È una lapide
semplice al contrario del famoso dandy al quale è stata tributata una scultura
che rappresenta una donna in volo. Sotto, tutte le donne che sono passate di lì
hanno impresso con il rossetto il segno delle loro labbra.
Il ritorno in
treno è stato abbastanza stancante. Aveva piovuto e così siamo arrivati alla
stazione tutti e due bagnati fradici. Durante la notte Agostino non si è
sentito bene. Tanto per cambiare. Dovevamo fare due soste. Una alla dogana
svizzera e un’altra a quella italiana. Nei bagni è chiaramente scritto che non
si possono usare le toilette quando il treno è fermo. Alla dogana italiana
siamo arrivati verso le tre di notte e le pratiche da espletare richiedevano un
po’ di tempo. Noi dormivamo quando ho avuto impellente bisogno del bagno. Nel
dormiveglia non mi sono resa conto che il treno era fermo e così sono andata. All’improvviso
una bussata violenta alla porta mi sveglia completamente:
§
C’è qualcuno in bagno? – sento gridare
dall’esterno.
§
Si, è occupato!
§
Ma come occupato! Esca subito!
§
Si si un momento.
Quando esco mi
ritrovo davanti un poliziotto della dogana inferocito che, a causa delle mie
risposte idiote, aveva un colorito rossastro in viso abbastanza preoccupante.
§
Signorina non si può andare in bagno mentre il
treno è fermo!
Sembrava che la
vena sulla fronte stesse per esplodergli.
§
Mi scusi non mi ero accorta che il treno era
fermo. Sono mortificata. Se vuole le prendo i documenti.
§
C’è anche scritto che non si può andare in bagno
mentre il treno è fermo!
§
Si lo so ma, come vi ho già detto, non mi ero
accorta che il treno era fermo. Stavo dormendo in piedi.
§
Ma non sa leggere?
A quel punto mi
sono innervosita.
§
Mi scusi ma ormai la pipì l’ho fatta non è che
posso riprendermela indietro.
Intanto Agostino
si era accorto che non ero nel mio lettino e sentendo le urla del poliziotto ha
capito subito cosa stava succedendo ed è venuto a salvare…il poliziotto!
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